All’interno del percorso di laboratorio urbano nelle periferie delle città sentiamo forte l’esigenza di riportare i racconti di alcuni partecipanti alle tappe previste che hanno voluto regalarci la loro testimonianza e la loro riflessione rispetto all’esperienza. Ecco quella di Luca Marchi, giovane architetto.
Ci racconta Luca – “La mia riflessione da cui nasce un intervento installativo nello spazio pubblico prende piede dalla reinterpretazione di due obiettivi per la gioventù individuati dall’Unione Europea. Il primo è relativo alla costruzione di società inclusive. Un terzo dei giovani europei è infatti a rischio di esclusione sociale. Molti non hanno accesso ai loro diritti. Essendo architetto di formazione, ho pensato di reinterpretare questo obiettivo in chiave spaziale; la costruzione di una società inclusiva non può non passare attraverso la realizzazione di spazi inclusivi. La presenza di muri, virtuali o fisici, come in questo caso, rappresenta di per sé motivo di esclusione, stabilendo un ‘qui’ ed un ‘lì’, di fatto interrompendo le comunicazioni tra i due lati della barriera. In parallelo a questo tema, si sviluppa un secondo filone che parte dal secondo obiettivo individuato dall’Unione, inerente la salute e il benessere mentale. I muri, anche in questo caso sia fisici che virtuali, contribuiscono a creare società diseguali, pesando sul benessere mentale dei giovani europei, che già oggi lamentano elevati livelli di stress, ansia e depressione causati dall’enorme pressione sociale che una società sempre più diseguale e escludente inevitabilmente crea.”



Continua poi Luca – “l’intervento nello spazio pubblico cerca di proporre in chiave simbolica una ‘riapertura’ di uno dei muri che interrompono le strade che arrivano a ridosso della fabbrica Peroni. Difatti nel quartiere Tor Sapienza ha sede il principale stabilimento dell’omonima birra. È una presenza ingombrante sul territorio eppure per altri aspetti una ricchezza.”



Luca conclude – “Nell’ambito del laboratorio 11 al cubo si è pensato fosse importante ristabilire una connessione visiva e quindi una potenziale comunicazione tra ciò che c’è al di là del muro, ovvero l’impianto, e il quartiere che lo ospita”
