La riqualificazione di un giardino, così come di una strada, di un edificio o di un quartiere, nasce dal senso di appartenenza che il cittadino che vive quel luogo o vi abita vicino viene ad acquisire. L’idea di affezione ad un luogo si lega ai ricordi che ognuno di noi ha su quel determinato spazio e sulla storia e la funzione che, sopratutto nel caso di uno spazio verde, deve servire come un piacevole luogo di relazione, scambio e confronto. Il ricordo e la memoria spesso non passano solo dalla sistemazione e dal necessario intervento dell’istituzione sullo spazio verde, ma dalle funzioni spontanee che ogni giorno si consumano nello spazio, un momento di lettura, di gioco o svago, di sport o semplicemente una passeggiata in un luogo fresco e silenzioso durante una calda giornata estiva. L’intervento che si intende proporre ha una natura sicuramente innovativa; non si sviluppa infatti partendo all’interno del giardino, che diventa invece punto di arrivo di un percorso condiviso mirato a rendere questo luogo prezioso per la comunità. Il percorso di riqualificazione diventa quindi riappropriazione e cura, in un processo partecipato rivolto a tutta la comunità.
Stefania Rinaldi
Le foto pubblicate di seguito sono di Simone Ridi
Il progetto Giardini di Prossimità | la Natura come Bene Comune è ideato e organizzato da CUT | Circuito Urbano Temporaneo e Riciclidea Prato, vincitore del bando Creative Living Lab 2018, promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, patrocinato dal Comune di Prato. Il progetto, che prevede una programmazione di attività culturali in forma di festival e una serie di azioni rivolti al quartiere del Soccorso al fine di creare i presupposti per una rigenerazione urbana condivisa dei giardini ubicati in prossimità alle scuole Collodi che possa partire dai cittadini, innescando un processo di costruzione di comunità grazie al mezzo delle residenze artistiche, della condivisione di buone pratiche e della formazione, ha come partner l’I.C.S. Curzio Malaparte, il Comitato di riqualificazione del Soccorso di Prato e l’Oasi Apistica Le Buche di Poggio a Caiano.
PRIMA FASE
Festival 1/11 febbraio 2019 – PratoCity//VegetableGarden. Il festival racconta il tessuto urbano del territorio di Prato seguendo la storia secolare della presenza agricola e la trasformazione urbanistica della città legata all’affermazione industriale e alla ridefinizione e rifunzionalizzazione delle aree verdi nei secoli, arrivando al nuovo senso dello spazio verde/giardino come focus per la creazione di comunità. Il festival rientra all’interno delle attività di Giardini di Prossimità, intervento promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del Ministero per i Beni e le Attività Culturali vincitore del bando Creative Living Lab 2018 – Il festival è patrocinato dai Comuni di Prato e di Poggio a Caiano
Partner festival: I.C.S. Curzio Malaparte, Comitato di riqualificazione del Soccorso di Prato, Oasi Apistica Le Buche, Seedvicious, Bloomproject, Iridra Firenze e Hydrousa, Caffe-Scienza, Ateneo Sostenibile, Libreria Gori
Si compone di una mostra sugli orti e agricoltura pratese che ripercorre con fotografie, cartografie, testimonianze video e documenti originali la storia del cambiamento urbano della città, allo scopo di legare in modo importante tutto il tessuto cittadino creando un percorso a ritroso, volto a rimarcare e ritrovare luoghi che assumono una funzione agricola e di incontro in città e a scoprire spazi ancora attivi, potenziali, racconti di socialità. Un focus particolare di racconto è rivolto al Quartiere del Soccorso di Prato. Al suo interno è presente una sede scolastica; le scuole Collodi sono tra le più popolose della città con circa 20 classi di studenti solo per la scuola primaria. Proprio le classi della scuola e i docenti, insieme al comitato di quartiere, saranno coinvolte attivamente in tutte le attività all’interno del festival, con laboratori e workshop n collaborazione con Elena Sanesi di Riciclidea Prato, ispirati al percorso formativo “pillole d’esperienza” legati al Centro ReMida, Terre d’Acqua di Bologna.
Il focus principale dell’esposizione sarà integrata da una serie di attività legate alla trasformazione del tessuto urbano con il mezzo green. Una giornata di Domenica sarà occasione di uno scambio semi dalla partecipazione nazionale, organizzata grazie alla collaborazione con l’Associazione fiorentina Seedvicious, con il coinvolgimento delle realtà del territorio invitate a riscoprire la biodiversità attraverso varietà antiche e piante in sinergia. Sono previsti una serie di momenti dedicati alla sostenibilità e alle pratiche virtuose del territorio e il racconto di itinerari che arrivano all’interno del centro cittadino alla scoperta degli orti storici fin dal periodo medievale dentro le mura fino al mulino della girandola//mulino degli orti oggi sede del primo Orto Urbano di Prato Spazi InVasi in via Arcangeli e orto delle primizie ubicato fino agli anni ’70 addossato alle mura in Via Pomeria. Il racconto prevederà una speciale sezione di presentazione di processi di economia circolare, comunità e buone pratiche attivati grazie al mezzo dell’Arte Contemporanea con il coinvolgimento degli artisti e foto d’autore. Un focus particolare sarà il racconto della storia dei luoghi attorno alle mura e lungo le rive del Bisenzio, direttamente interessati da un’identità agricola ad oggi con pochissime tracce visibili, tra cui il luogo stesso in cui sorge l’Orto Urbano Spazi Invasi, proprietà delle monache di Santa Trinita nel periodo del 1300 e sede di un mulino e di orti di primizie fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando l’edificio fu distrutto durante un bombardamento alleato. Lo spazio si trova all’interno del quartiere del Soccorso e ne rappresenta il margine addossato alle mura. I giardini interessati dal progetto sono invece il margine di confine del quartiere.
Una sezione sarà curata in collaborazione con Giuseppe Bennati dell’Oasi apistica Le Buche di Poggio a Caiano e prevederà il racconto e la visita ad un Susino pianta madre di 100 anni e i figli legati alla banca del seme della biodiversità Toscana. Grazie all’immenso patrimonio dell’Oasi ripercorreremo la storia dell’agricoltura del territorio, innescando un filo di senso legato alla scienza e al riconoscimento di specie antiche, autoctone da preservare, attivando un ideale ponte con la storia e il Museo della Natura Morta di Poggio a Caiano, dove sono conservati i dipinti di classificazione delle specie arboree di Bartolomeo Bimbi.
Ulteriore sezione speciale sarà >>Green-teck, Talk e Tavolo di confronto<< La giornata contiene al suo interno esempi virtuosi e racconti di pratiche sostenibili. L’utilizzo del suolo in agricoltura può infatti oggi assumere valenza di rigenerazione e riattivazione dei processi naturali che l’uomo ha nei secoli cercato di controllaree razionalizzare. La nuova sfida consiste nella creazione di dialogo e collaborazione tra uomo e natura, per la naturalizzazione dei processi umani, non come ritorno al passato ma come sguardo proiettato verso il futuro. Nel contemporaneo diventa infatti urgenza la definizione di pratiche che possano essere sostenibili per il nostro ecosistema, con la bonifica dai veleni industriali e il recupero di suolo grazie alle proprietà delle piante, il risparmio di acqua e la sua depurazione con metodi naturali, il rispetto del ciclo di crescita con la cultura della consociazione e dell’orto spontaneo, l’abolizione della monocoltura e la ricerca di nuova biodiversità con il recupero di semi antichi e piante commestibili ormai in via di estinzione, il design che veicola messaggi virtuosi. Saranno presentati quindi progetti di innovazione sostenibile vicini a proposte inerenti le linee guida che l’amministrazione porta avanti nella ridefinizione del verde urbano, dalla connessione del lungofiume con gli orti urbani allo studio di forestazione legato al nuovo piano operativo. Sarà centrale l’autocostruzione e l’esposizione di una serra idroponica del progetto pratese BloomProject e la partecipazione di Iridra, azienda fiorentina, che presenta Hydrousa, progetto vincitore di un bando Europeo Horizon2020, legati entrambi al tema dell’acqua come bene comune e la presenza dell’associazione Caffe-Scienza e dell’Ateneo Sostenibile dell’Università di Firenze.
Sarà infine attivato un collegamento-ponte con il centro cittadino grazie alla collaborazione con la Libreria indipendente Gori.
SECONDA FASE
Un programma di residenza artistica curato da Chiara Vacirca e Stefania Rinaldi, che si svolgerà nell’arco di cinque mesi, da Gennaio a Maggio 2019.
PROGRAMMA DI RESIDENZA ARTISTICA
Attieniti alla misura dell’erba di questo prato che è largo quanto si stende di verde è qui che sei approdato, adesso. […]
PIERLUIGI CAPPELLO
Osservando i dati più significativi emersi nell’analisi di contesto, tappa obbligata è la riflessione su quelli inerenti l’intensa varietà culturale che anima e sistematizza in maniera complessa la comunità del quartiere Soccorso, l’altissima densità abitativa (le scuole Collodi sono tra le più popolose della città con circa 20 classi di studenti solo per la scuola primaria) e, elemento ancora più caratterizzante ed evidente, la morfologia del quartiere stesso e il suo collocamento all’interno della struttura urbanistica della città. A metà tra centro storico e periferia urbana, l’area abitativa del Soccorso è infatti attraversata dai principali nodi stradali di accesso al centro città: viale Leonardo da Vinci, Via Roma, Via Carlo Marx, Via Marco Roncioni. Queste strade, se da un lato costruiscono una rete fondamentale di comunicazione fra le varie parti della città, d’altro canto frazionano e parcellizzano in maniera altrettanto significativa l’area abitativa creando piuttosto delle cesure forti nella stratificazione urbana, nella praticabilità e nell’attraversamento pedonale delle varie zone (e conseguentemente dei servizi e delle aree pubbliche come giardini e infrastrutture) così come nell’immaginario stesso degli abitanti, nel loro riconoscersi in gruppi con caratteristiche, esigenze e richieste più o meno diverse (“quelli di qua e quelli di là della declassata”, per fare un esempio).
Date queste considerazioni preliminari, il passaggio successivo è chiederci come costruire un programma di residenza che sia innanzitutto uno strumento di dialogo con questa complessità: in che modo la natura di questo quartiere influenza la vita quotidiana e le attitudini di chi lo abita?
È possibile rendere visibile questa connessione?
Come può il mezzo artistico suscitare un’auto-riflessione su ciò che è oggi il quartiere Soccorso e allo stesso tempo lasciar immaginare cosa può essere domani?
Ci siamo interrogate su come attivare tale processo partendo dalle voci della comunità che vive questo luogo: quali metodi, quali percorsi, quali interlocutori includere nel processo per far sì che questa esperienza non sia semplicemente uno strumento-guida per la comunità ma anzi sia guidata direttamente dai cittadini, attraverso l’ascolto dei loro bisogno, l’attivazione della loro immaginazione, la celebrazione della loro instancabile presenza attiva nel quartiere. Crediamo fortemente nell’intenzione che ci muoverà nei mesi a venire all’interno del quartiere, non pensando esclusivamente alla durata istituzionale di questo intervento, ma anzi al seme iniziatico che questo può costituire nell’attivazione di un processo senza fine, vissuto e continuato nel tempo dagli abitanti custodi del territorio che abitano, siano essi anziani, giovani, bambini, di qualsiasi provenienza sociale o culturale. La posizione interstiziale del quartiere può costituire la leva su cui innescare un lavoro di riflessione collettiva in un luogo che non è centro storico e non è direttamente periferia ma è via di scambio; è proprio questo approdare in uno stato intermedio che può suscitare il valore di ciò che rimane nel mezzo come spazio metaforico del comune, dell’incontro, della condivisione: inter-etnico, inter-disciplinare, inter-dipendente, inter-generazionale. Forse non è un caso che proprio questo quartiere sia tra i più multietnici della città.
In questo senso ci è sembrato che i giardini in cui lavoreremo nei prossimi mesi insieme alla cittadinanza e agli artisti, costituiscano la materia visibile di queste connessioni, una sorta di spazio simbolico e fisico dove poter stare nel mezzo, condividere e far convivere visioni. Li chiamiamo giardini di prossimità perché non hanno un nome ufficiale, non figurano neanche su google map, ma si riconoscono in quanto giardini prossimi a qualcosa, a qualcuno: un luogo che si definisce non per lo spazio che occupa ma per la sua vicinanza rispetto ad un altrove: strade, case, scuole, persone. Questi giardini diventeranno allora specchio dell’ecosistema del quartiere e al tempo stesso una finestra attraverso cui sviluppare un sguardo consapevole sull’ecosistema naturale e sociale della realtà contemporanea, un modo per mettere in relazione il qui con l’altrove, il locale con il globale, celebrando la varietà culturale e la complessità non solo come tratti caratteristici di questo luogo ma come forma di vita e di adattamento vivificante per natura. Adottando la prossimità, l’inter-connessione come metodologia attiva di intervento nel giardino, abbiamo scelto di invitare tre artisti che si confrontassero con lo spazio e con il quartiere in modo inter-dipendente, proponendo azioni non isolate ma partecipative, che si costruiscono grazie al coinvolgimento delle persone: artisti che investono la loro ricerca in una relazione col mondo, fondando una pratica che non si lega necessariamente alla produzione di oggetti ma all’intreccio di relazioni umane. Siamo interessate infatti ad indagare il ruolo che il mezzo artistico possiede nel sensibilizzare ogni persona a quell’universo di pratiche, linguaggi, riti, sguardi comuni che ci permettono di riconoscere noi stessi non solo come individui ma come moltitudine, così da provare a restituire vita agli spazi che abitiamo, umanità alle esperienze che viviamo. Non ultima, l’esigenza di un approccio inter-disciplinare che metta in relazione profonda tre elementi protagonisti di questo percorso: il giardino come terra bene comune, lo spazio del quartiere, il corpo collettivo che li abitano. Ci affidiamo al carattere processuale degli interventi che, proprio perché partecipativi, hanno bisogno del divenire e dell’accadere per assumere una forma altrimenti non prevedibile.
GLI ARTISTI
Sicuramente, trattandosi di uno spazio di verde pubblico, la connessione con l’orticoltura e le coltivazioni è stata immediata e pensiamo che l’universo legato all’agricoltura possa costituire davvero lo strumento di attivazione di meccanismi di riappropriazione dello spazio come bene comune e del rapporto con la terra come lavoro di premura e cura; per questo abbiamo scelto di invitare Luigi Coppola (Lecce, 1972. Vive e lavora a Bruxelles e in Salento), artista, attivista e promotore di progetti nei campi dell’agroecologia, di processi partecipativi e di riappropriazione dei beni comuni. La sua ricerca si orienta verso pratiche partecipative e azioni politicamente motivate che tentano di attivare nuovi immaginari collettivi partendo dall’analisi di specifici contesti sociali, politici e culturali – come nel progetto Parco comune dei frutti minori (2014-in corso) nelle aree rurali di Castiglione d’Otranto in Puglia. Dopo alcune prime esperienze nel teatro di ricerca, l’artista ha proseguito nella creazione di meccanismi relazionali e di rappresentazione di dinamiche sociali – On Social Metamorphosis (2012). Coppola ha realizzato progetti e performance ed ha esposto in diversi contesti internazionali, quali: Kumu Art Museum Tallin; Teatro Continuo, Milano; Parckdesign Biennale, Bruxelles (2016); Festival Santarcangelo dei Teatri; MAXXI, Roma; Biennale di Atene (2015); Teatro Valle Occupato, Roma (2013); Steirscher Herbst, Graz; Kadist Art Foundation, Parigi (2012); Extra City Antwerpen (2012), Biennale Democrazia, Torino (2009).
Scegli un terreno che ti colpisce per le sue potenzialità di connessione, per il valore simbolico che ha per te e che potrà avere per una comunità più larga. Questa scelta è il momento più delicato. Una volta trovato il luogo, occupalo e crea dei piccoli riti quotidiani, anche molto personali. Crea spazi che sono consoni per te e crea lo spazio di accoglienza almeno per un’altra persona. Inizia a coltivare, ti consiglio se possibile di piantare anche degli alberi da frutto, in modo da poter comunicare un interesse non immediato, ma aperto e rivolto al futuro. Adopera tecniche naturali di coltivazione. Leggi mentre sei lì La rivoluzione del filo di paglia di Masanobu Fukuoka e fatti ispirare. Ti potrebbe piacere molto e potresti affezionarti al luogo che hai scelto, ricordati comunque sempre che sei solo un custode temporaneo. Hai creato il luogo dell’attesa, ora puoi aprirti al possibile, alla condivisione, al cambiamento.
Teniamo a mente questo esercizio come esempio di una pratica condivisa e condivisibile, che trae le sue radici in un gesto e in uno sguardo comune, individuale e al tempo stesso universale; un esercizio che si fonda sul dare l’esempio come canale di conoscenza e di educazione. Partire dal basso significa partire dalla terra, dal terreno che abitiamo, i marciapiedi su cui camminiamo, ristabilire un legame di appartenenza piuttosto che di dominio.
In parallelo al lavoro nel giardino, abbiamo invitato Sara Leghissa (vive e lavora a Milano), fondatrice, insieme a Francesca de Isabella, della compagnia Strasse2. Lavora sul linguaggio performativo legato all’espressione del corpo in relazione al paesaggio urbano, e sul linguaggio cinematografico come filtro di osservazione della realtà. Strasse nasce dal desiderio di spostare il linguaggio teatrale e quello cinematografico negli spazi della città, attingendo e lasciandosi influenzare dai suoi ambienti, dalle temperature e dai segni, senza riqualificare o sconvolgere questi luoghi nel loro significato, ma sottraendoli al flusso del quotidiano e trasportandoli, per un momento, altrove. Dopo aver gestito, con Elena Cleonice Fecit, Casa Strasse, luogo di ricerca e produzione e spazio per la condivisione di pratiche artistiche e workshop, dal 2010 Strasse si trasferisce definitivamente nello spazio pubblico. La ricerca artistica di Strasse si fonda soprattutto nella pratica della creazione site-specific e genera la possibilità nello spettatore di trasformare il suo punto di vista, permettendogli di vedere con un’attenzione diversa ciò che già esiste, al fine di creare cornici sulla scena e sulle cose. Negli ultimi anni, il gruppo ha prodotto Drive_in (2012), Solo (2014), HM/ HOUSE MUSIC (2016), THE END-parte I (2017) e THE END-parte II (2018) e progetti come Exil e T.Rex, che utilizzano il formato della festa per generare connessioni, abbattere le categorie ed eliminare la distinzione tra pubblici diversi e tra artisti e pubblico.
La terza artista che abbiamo scelto di coinvolgere in questo programma sarà Beatrice Catanzaro (Milano, 1975. Vive e lavora a Milano). Catanzaro opera nel campo scultura sociale e insegna a livello internazionale. I suoi lavori, che generano situazioni orientate all’apprendimento condiviso e alla partecipazione del pubblico, sono stati sviluppati e presentati in Europa, Medio Oriente e India. Nel 2010, Catanzaro si trasferisce in Palestina e fonda Bait al Karama (Casa della dignità), una iniziativa sociale/progetto comunitario a lungo termine a Nablus. ll progetto è interamente gestito da donne in difficoltà e si rivolge a donne e bambini della comunità locale. Altri suoi lavori sono stati esposti in numerose sedi internazionali tra cui il MART di Rovereto (Italia) nel contesto di Manifesta 7; Espai d’Art Contemporani de Castelló (EACC) in Spagna, il Jerusalem Show by Al-Ma’mal Foundation (Gerusalemme) e Land Art Biennial (Mongolia). Ha insegnato practice-based research presso la International Art Academy of Palestine di Ramallah dal 2012. Con regolarità è stata inoltre visiting artist e mentore presso Cittadellarte – Fondazione Pistoletto dal 2006. Le conferenze e partecipazioni a seminari di Beatrice Catanzaro includono: il Creative Time Summit “Curriculum”, presso la Biennale di Venezia, 8/2015; il programma di formazione Campus in Camps, presso il campo rifugiati Dheisheh, a Betlemme, Palestina; interventi alla University of Hyderabad e CEPT University for Architecture, Urban Planning and Interior Design, di Ahmedabad, India. Beatrice Catanzaro è stata inoltre invitata a numerose residenze artistiche fra cui Fundaçao Calouste Gulbenkian (Portogallo), Al Mamal Foundation (Palestina), Decolonizing Architecture (Palestina), Reloading images Damascus (Siria), UNIDEE Cittadellarte – Fondazione Pistoletto (Italia). Attualmente è visiting artist nel corso di Storia dell’Arte “Pratiche Partecipative e Scultura Sociale” dell’Accademia di Brera a Milano e dottoranda presso la Social Sculpture Research Unit della Oxford Brookes University.
In un intervista, Catanzaro afferma:
Accantonando la dimensione modernista dell’artista e tutta la narrativa dell’artista genio, prendiamo invece l’artista nella sua dimensione più anarchica, più libera di poter prendere delle scelte, e per un momento sogniamo che siano scelte anche a prescindere dal sistema dell’arte; ecco quella dimensione di libertà in cui puoi fare delle cose, puoi diventare un veicolo per narrative, storie, idee che nessun altro farebbe. Il limite sottile fra l’essere umano e l’essere artista in questo senso, quasi sparisce. ecco allora forse essere artista è un poter espandere la propria umanità. O capire la propria dimensione umana.
MOMENTI DI TEATRO
A cura di Elena Franchi. Il Teatro si inserisce all’interno del progetto in una scansione temporale dall’attraversamento trasversale rispetto alle due fasi del progetto.
Durante il festival di Febbraio 2019 sarà presentato uno spettacolo in primo studio con gli attori Elena Franchi (nata a Prato nel 1979) e Yunusa Cham (originario del Gambia, attualmente rifugiato in Italia). Lo spettacolo nasce dalla necessità di indagare, attraverso il linguaggio del Teatro, il concetto di identità, parola che nella nostra epoca ha assunto un duplice, e apparentemente contraddittorio, significato. Da una parte è un concetto in espansione a causa della smaterializzazione dei confini grazie alle nuove tecnologie, dall’altra sta vivendo un momento di radicamento e chiusura dei canali di comunicazione e interscambio con l’esterno inteso come “estraneo” , identificato spesso come nemico. In realtà questi due significati trovano la loro origine in una radice comune ovvero la modernità caratterizzata dagli spostamenti sul territorio sia di merci che di persone ed anche di idee e diversi modi di vivere. Nel racconto si vuole creare un ribaltamento di questo concetto per attribuirne un senso altro e caricarlo di nuovi contenuti al fine di permettere alle persone di riappropriarsene nel modo che lo ritengono più giusto in relazione a quanto li circonda ed a chi li circonda. La suggestione legata al testo proposto viene dai poeti di origine africana Derek Walcott e Warsan Shire.
Durante la seconda fase di progetto sarà ampliata la riflessione con i ragazzi dalla scuola Collodi, i loro insegnati, genitori e cittadini che abitano il quartiere improntato sul termine riappropriazione collettiva. L’idea è di innescare un movimento che favorisca un legame tra le persone ed i luoghi del loro quartiere sino a spingersi fuori dai confini e rivolgersi alla città intera, ispirati dalla lettura di alcuni testi di Pia Pera, degli scritti del neurobiologo Stefano Mancuso e di alcune poesie sul giardino e la natura di autori vari.
FORMAZIONE
Saranno realizzati incontri periodici di formazione presso il quartiere del Soccorso, rivolti a docenti e cittadini, legati ai temi proposti e agli artisti invitati, allo scopo di creare un humus che possa diffondere e consolidare le azioni, innescando un processo virtuoso che possa portare i cittadini ad essere attivi e a concepire con l’aiuto delle associazioni una bozza di proposta di patto di collaborazione con l’amministrazione per la gestione del giardino.
EVENTI PERIODICI E FESTA DI QUARTIERE
Grazie alla presenza costante e attiva del Comitato di riqualificazione del Soccorso saranno previsti eventi periodici di incontro, confronto e aggregazione, con l’organizzazione di momenti conviviali e di racconto.
RACCONTIAMO IL LUOGO
Il Quartiere del Soccorso rappresenta una delle periferie della Città di Prato più vicine al centro storico. Il nucleo di abitazioni dal carattere esteso si sviluppa intorno alla chiesa di Santa Maria del Soccorso. L’area si caratterizza per un’elevata densità abitativa e negli anni si sono concentrati qui gli insediamenti delle comunità di diverse nazionalità più numerose della città. La zona alle porte del centro storico, diventa il quartiere multietnico per eccellenza. Tanti, e di tutte le nazionalità gli stranieri che lo scelgono come dimora, innestando altri cambiamenti sul fronte sociale ed economico come ad esempio nel commercio al dettaglio che da italiano diventa etnico. Questa condizione di ricchezza culturale diventa humus potenziale e valore da incrementare.
Da uno studio di IRIS ricerche condotto nel 2015: “l’incidenza elevata di popolazione straniera si accompagna infatti ad una carente dotazione di spazi pubblici.”
I Giardini di Prossimità del Soccorso allo stato attuale:
L’area verde pubblica compresa tra via Nenni e rotonda Viale Leonardo da Vinci con ingresso Via del Purgatorio, ubicata dietro la Scuola Primaria Carlo Collodi; ad oggi quest’area non presenta un nome specifico. Lo spazio di interesse è un giardino pubblico ad oggi in stato d’incuria, adiacente al giardino della Scuola e diviso da quest’ultimo da una rete metallica, ha una zona ombreggiata da pini marittimi e alberi ad alto fusto vicino all’ingresso. Questa zona è attraversata da vialetti di cemento oggi in pessime condizioni. Terminata la zona d’ombra si incontra un’ampia zona pianeggiante incolta ad oggi non utilizzabile a causa dell’erba alta e della mancanza di strutture adatte ad una fruizione, mancanza di illuminazione pubblica e di fontanelli dell’acqua. Nello spazio sono presenti alcune panchine parzialmente danneggiate. Alcuni residenti utilizzano il giardino come area di sgambatura per cani ma senza le dovute recinzioni e autorizzazioni. Questa condizione di abbandono favorisce la presenza di microcriminalità.
Sostenibilità/Esemplarità:
Il progetto mira creare un modello di riqualificazione sostenibile, riproponibile anche in altri contesti grazie alla sua natura di indagine territoriale e adattabilità degli strumenti intesi come azioni replicabili e modellabili. A questo scopo tutti gli interventi di inserimento di strutture per le attività assumono caratteristiche di auto-costruzione e temporaneità. La sempre presente partecipazione degli abitanti e la creazione di un tavolo di co-progettazione permetterà una fidelizzazione della fruizione e un’affezione al luogo rigenerato data dal senso di appartenenza al progetto. Sarà quindi possibile attivare una cura partecipata grazie allo strumento del patto di collaborazione che avrà ricaduta positiva ed eco su tutta la fruizione del quartiere.